Uno dei maggiori attori italiani ma anche sceneggiatore. Gian Maria Volonté è ricordato come uno dei maggiori interpreti del panorama cinematografico italiano e internazionale.
Questa è la sua storia.
Un’adolescenza difficile
Gian Maria Volonté è nato a Milano nel 1933 da una famiglia benestante, la madre era infatti figlia di piccoli industriali, il padre invece un milite fascista al comando di una Brigata Nera. Trasferitosi a Torino fin da bambino per gli incarichi del padre, a partire dal 1945 ha vissuto anni difficili per l’arresto e la condanna del genitore per l’omicidio di alcuni partigiani. In quel periodo la famiglia conosce la miseria e Gian Maria interrompe gli studi a 14 anni per iniziare a lavorare.
Dopo due anni trascorsi in Francia come bracciante, torna a Torino e si unisce a una compagnia teatrale itinerante come segretario e aiuto guardarobiere e da quel momento inizia ad appassionarsi alla letteratura e alla recitazione. A 21 anni decide di iscriversi all’Accademia Nazionale di Arte Drammatica e subito si distingue per il suo grande talento, tanto che il suo debutto avviene nel 1957 quando, ancora studente, è chiamato a recitare nello sceneggiato televisivo “La foresta pietrificata”. Per alcuni anni si dedica al teatro passando da Shakespeare a Goldoni e recita qualche ruolo nei teleromanzi, poi nel 1960 arriva il cinema, dove però ottiene ruoli marginali e deve attendere il 1962 per essere finalmente protagonista di “Un uomo da bruciare”, il suo primo film di denuncia.

Un impegno civile crescente e una carriera costellata di successi
Nonostante la sua interpretazione magistrale anche nella pellicola seguente, “Il terrorista”, Volonté rimane nell’ombra e deve attendere il 1964 e la chiamata di Sergio Leone per il suo spaghetti-western “Per un pugno di dollari”, per farsi conoscere dal grande pubblico. Seguono altri successi dello stesso filone, “Quien sabe?”, “Per qualche dollaro in più”, per poi approdare alla cronaca con “Banditi a Milano” di Lizzani.
Nel 1970 è il protagonista di uno dei più noti film italiani con un’ambientazione politico-giudiziaria, “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” di Elio Petri e la sua recitazione è talmente sentita che sono in molti a definirlo il miglior attore italiano del suo tempo. Gli anni Settanta lo vedono ormai famoso ed è proprio allora che Volonté decide di dedicarsi al cinema di impegno politico e di denuncia, diretto soprattutto da registi come Gianfranco Rosi ed Elio Petri. Ecco dunque pellicole come “Uomini contro”, “Sacco e Vanzetti”, “Il caso Mattei”, “Sbatti il mostro in prima pagina”, “La classe operaia va in paradiso”, opere che riscuotono un grande successo di pubblico e che sono un incentivo per l’attore per impegnarsi attivamente in politica con numerose battaglie a fianco dei lavoratori.

Gli anni Ottanta e Novanta
Negli anni Ottanta Volonté rallenta i ritmi di lavoro, ma recita sempre in modo magistrale, tanto che nel 1983 vince a Cannes il premio come miglior attore per “La morte di Mario Ricci” e poi nel 1987 l’Orso d’Oro di Berlino per la sua interpretazione ne “Il caso Moro“.
Il nuovo cinema italiano non gli offre però i ruoli che lui ama e, dopo aver recitato ne “Una storia semplice” (1991), grazie alla quale riceve il Leone d’Oro alla carriera, cerca alcune parti all’estero senza però grande successo. Preda della depressione, finalmente Volonté trova una pellicola su misura per lui, “Lo sguardo di Ulisse” di Angelopoulus, ma muore durante le riprese per un attacco cardiaco. Era il 6 dicembre 1994.

Gian Maria Volonté ha ricevuto numerosissimi riconoscimenti: due David di Donatello, tre Nastri d’Argento, 5 Globo d’Oro, quattro Grolle d’Oro e poi ancora diversi premi e menzioni in ambito europeo.
Attore camaleontico, passava con maestria dal ruolo dell’operaio Lulù (La classe operaia va in paradiso) a quello del bandito Cavallero dalla lucida mente criminale (Banditi a Milano). Sapeva calarsi nei panni dei famosi, da Moro a Mattei e altrettanto in quelli degli umili, vestendo il saio dell’eretico Giordano Bruno fino alla divisa del militare pacifista di “Uomini contro”: un talento incommensurabile e forse non ancora compreso appieno.
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