Uno dei capolavori di Luchino Visconti e pietra miliare della cinematografia neorealista.
Rocco e i suoi fratelli è una di quelle pellicole che merita una menzione speciale.
Il contesto neorealista
Il disagio sociale, il desiderio di riscatto, l’avvenenza di un mondo nel quale si può guadagnare facilmente e con poca fatica, il difficile rapporto familiare. Sono numerose e molto ben amalgamate le tematiche che Luchino Visconti ha deciso di inserire in questo film neorealista che narra le vicende di una famiglia meridionale emigrata a Milano alla ricerca di fortuna.
“Rocco e i suoi fratelli” è stato girato a Milano e, come molte pellicole neorealiste del periodo, utilizza molto i set esterni. Vincenzo, Simone, Rocco, Luca e Ciro Parondi sono descritti come cinque fratelli che, come le dita di una mano di cui Rocco è il dito medio, hanno la stessa origine ma sviluppano vite autonome e indipendenti.
Proprio come le dita di una mano, però, i fratelli collaborano tra di loro e, anche se in modo talvolta molto differente, cercano sempre di andare in soccorso di chi si trova in difficoltà e non sa come uscirne.
A fare da cornice a questo pluri premiato film neorealista sono gli anni ’60, l’era del boom economico italiano, dell’onesto ma faticoso lavoro in fabbrica.
Un film che è stato ritenuto eccezionale dal pubblico e dalla critica e che il Ministero dei Beni Culturali ha deciso di inserire tra le 100 pellicole che hanno cambiato la memoria collettiva del Paese tra il 1942 e il 1978.

La trama
Una donna rimasta vedova decide di emigrare con i suoi quattro figli a Milano, città nella quale un altro dei suoi figli, Vincenzo, già vive stabilmente e lavora. La donna, con questa decisione, torna a ricongiungere la sua prole ma i destini dei 5 ragazzi non proseguono così come era stato sperato.
I giovani, partendo dall’idea comune di trovare un lavoro e poter vivere dignitosamente e magari al fianco di una donna con la quale creare una famiglia, vengono dominati dalle loro passioni interiori e li porterà a imboccare strade differenti.
Rocco e Ciro iniziano a lavorare faticosamente ma onestamente mentre Simone, invece, scopre il mondo della boxe dalla quale, però, trae solo gli aspetti negativi: l’avidità dei soldi facili, la brutale prevaricazione verso l’altro e l’accettazione di qualsiasi compromesso pur di ottenere il proprio obiettivo.
Il bisogno di Rocco di aiutare il fratello Simone e il senso di colpa per non essere stato in grado di liberarlo da un mondo illusorio, corrotto e depravato nei valori, porta il giovane a condizionare interamente la propria vita e a rinunciare alla donna che ama.
Un tentativo che fallisce miseramente e che porta nella famiglia Parondi una spaccatura profonda e insanabile.

Il disagio sociale e il desiderio di riscatto
Simone nonostante il continuo e costante intervento del fratello non ha intenzione di redimersi e continua a covare odio e vendetta. Rocco non si arrende e rischia di finire anche lui al fondo mentre gli altri 3 fratelli si trovano a interrogarsi su quale sia la cosa migliore per tutta la famiglia.
Alcune domande, dunque, aleggiano in tutti e 117 minuti del film e invitano a una seria riflessione: fino a che punto bisogna aiutare un fratello in difficoltà? Quando bisogna rinunciare a redimere una persona che non vuole essere salvata? Può una famiglia che vuole definirsi “onesta” arrivare a denunciare alla polizia “il sangue del suo sangue”?

Domande alle quali non esiste una risposta certa e che, comunque vada, portano con sé molta amarezza e dolore. Interrogativi che hanno conquistato i critici italiani e internazionali.
“Rocco e i suoi fratelli”, infatti, tra il 1960 e il 1962 ha ottenuto diverse nomination e riconoscimenti non soltanto per la sceneggiatura e, in generale, per il soggetto ma anche per il regista, gli attori non protagonisti, i costumi e tutta la produzione.
Il film ha conquistato il Leone d’Argento alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia per il miglior regista, il David di Donatello per il migliore produttore, il Globo d’oro per il Miglior film e ben tre Nastro d’argento per il regista del miglior film, migliore sceneggiatura e migliore fotografia.
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